Questa mattina mi dirigo come tutte le mattine verse la mia classe, mi viene incontro una collega dicendomi che i supervisori hanno previsto per me oggi un compito diverso.
Vado quindi nell'ufficio dei
supervisors*, Chuck mi dice che devo andare all'ospedale per assistere B., un ragazzo della scuola che da qualche giorno è lì ricoverato.
B. frequenta la scuola/residenza speciale dove lavoro in quanto gli hanno diagnosticato la sindrome di Asperger. La sindrome di Asperger è un tipo di autismo, caratterizzato in genere da attività stereotipate e da difficoltà nell'interazione sociale. Le persone affette dalla sindrome di Asperger non presentano, a differenze invece delle altre forme di autismo, difficoltà nell'espressione linguistica e/o nell'apprendimento cognitivo. Combinato alla sindrome di Asperger a B. hanno diagnosticato anche un il DOC (o OCD, secondo la dicitura inglese), ossia il disturbo ossessivo-compulsivo.
B. è un ragazzo di 17 anni con un rendimento scolastico, soprattutto in ambito scientifico, superiore alla media, il suo sguardo difficilmente incontra quello delle altre persone. B. ha una bassa soglia di sopportazione delle frustrazioni e può diventare aggressivo verso se stesso, le cose e gli altri.
Il terapista e i
supervisors* della scuola hanno deciso, dopo una serie di eventi molto aggressivi di B., di farlo ricoverare in ospedale, perché possa ricevere un aiuto più idoneo.
Ogni giorno un lavoratore della struttura scolastica e residenziale dove B. si trova deve essere presente all'ospedale dove è ricoverato.
Oggi è stato il mio turno!
E' la terza volta che entro in un ospedale americano (sempre per accompagnare ragazzi della scuola, mai
so far - tocco il legno, e non il ferro come in Italia! - per me), ma è la prima volta che ci sto per ben 8 ore, senza sostanzialmente far niente se non parlare un po' con B., parlare qualche volta con il personale (medici, personale paramedico, ...), leggere, ascoltare voci, osservare persone, fare domande, guardare la tv, ...
B. è stato ricoverato 5 giorni fa attraverso l'
E.R. (
Emergency Room ossia il nostro Pronto Soccorso) e dopo 5 giorni B. si trova ancora nel reparto dell'E.R., ovvero in una stanzetta dove c'è solo lui su un letto con delle ruote.
Verso le 10 arriva un'infermiera che lo sveglia, lo fa alzare e lo conduce, con me al seguito, in una stanza, che chiamano
Family Room, ovvero una sala per le visite, dove ci sono altri due pazienti con un'infermiera, o come si definisce lei una
sitter, cioè una persona in questo caso, che si prende cura dei pazienti (un po' il mio compito di oggi in realtà).
Lo spostamento di B. e degli altri due pazienti nella stessa Family Room è dovuto al fatto che delle persone appena arrivate in ospedale hanno avuto bisogno di posti letto occupati prima dai tre. I tre ora si trovano a dover passare il loro tempo in questa piccola stanzetta con delle sedie, un tavolino e una tv e con la prospettiva di doverci stare anche la notte. Il motivo? Non ci sono letti a sufficienza nell'E.R..
Non posso nascondere il mio stupore e in un certo senso il mio disappunto.
Sentimenti che tra l'altro solo ora sto esprimendo così chiaramente.
Infatti la situazione in cui mi trovavo non mi permetteva di mettere a nudo le mie posizione sulla sanità americana, mettendola a confronto con quella italiana:
- ero in un'
E.R. americana (senza
George Clooney, tra l'altro!);
- con a carico un ragazzo, seppur sotto sedativi, ma comunque con degli impulsi tendenzialmente aggressivi;
- in una stanza da 3m per 4 con dentro 5 persone, di cui, oltre a me e al "mio" B., un giovane in via di disintossicazione da eroina da soli 3 giorni, che non riusciva a trovare la posizione per dormire e quindi continuava ad imprecare contro il mondo;
- una
sitting che aveva in carico il giovane-imprecatore e un uomo, sulla 40ina, con non so quale problema, la quale cercava il mio sguardo e la porta d'uscita ad ogni imprecazione;
- una trasmissione (non riesco ora a ricordare il titolo) in tv molto amata dagli americani e da chi segue programmi americani anche in Europa, una specie di Maria De Filippi che parla di problemi di coppie e figli, dove in quel momento c'erano due che litigavano per la custodia dei figli.
'Sta di fatto che in tutta questa situazione l'unico che apertamente si è lamentato del fatto di essere stato messo in quelle condizioni, frustranti e poco confortevoli, specialmente per un paziente (non si trattava di persone in attesa che partisse l'aereo per le vacanze!), è stato il ragazzo in via di disintossicazione. Nessuno ad alzare la voce, nessuno a chiedere informazioni. Nemmeno i familiari del 40enne un lamento.
Anche questa è America!
Vi immaginate in Italia?!
Come è andata a finire?
- Il giovane-imprecatore, dopo un'ora e dopo aver seccato tutte le infermiere che si avvicinavano alla stanza, ha ricevuto il via libera di lasciare l'ospedale;
- Il mio B. è stato buono buonino tra ascoltare il suo iPod, guardare della TV, scambiare due parole con me, mangiare e dormire. Lo psichiatra che lo ha visitato ha deciso che non era ancora pronto per tornare alla scuola-residenza;
- Il 40enne ha passato il suo tempo tra la visita della moglie, la figlia e poi la sorella. Anche lui buono buonino senza un lamento della scomodità della situazione;
- Verso l'una è arrivato un altro paziente, a rimpiazzare quello che ha lasciato. Anche questo un giovane in via di disintossicazione (dalle dimensioni "armadio"), con figli in via di custodia, una separazione in corso, che era stato appena ricoverato e sedato, dopo aver tra l'altro cercato di aggredire una guardia dell'ospedale ( ci ha fatto lui il racconto della sua vita);
- Alle 3pm la
sitting è stata sostituita da una collega, che ha deciso di fare sorveglianza ai suoi custoditi fuori dalla stanza (dopo aver visto, secondo me, il giovane-armadio che vagava nella stanza, senza riuscire a trovare una posizione);
- Alle 3.15 pm anch'io sono stata sostituita da una collega.
* il
supervisor corrisponde alla nostra figura di coordinatore, non ha niente a che fare con la figura del supervisore nelle strutture socio-educative italiane, che ha invece il compito di supportare e supervisionare dal punto di visto socio-educativo-psicologico il lavoro dei professionisti.
Nella foto: il falò che abbiamo fatto con dei colleghi di lavoro qualche sera fa.