Wednesday, December 10, 2008

La nuova aventura americana



Siamo tornati ormai da 3 mesi, tutto sembra lo stesso e nello stesso tempo nuovo.
Soprattutto noi, Cristiano e Marina, ci sentiamo diversi.
Così abbiamo deciso di fare in modo che non finisca la nostra esperienza qui, come una parentesi chiusa. Ma spinti da quello che sembra il vento americano, un vento di voglia di fare e di impresa, abbiamo deciso di fare in modo che altri possano partire come noi.

D'accordo con gli amici americani di ILEX lavoremo in modo che altri ITALIANS possano partire per il New England, il Nord Est degli USA, e fare una forte esperienza come noi.

Speriamo quindi che questo blog da un racconto delle nostre esperienze in terra americana possa diventare un trampolino di lancio per i prossimi numerosi amici ILEX Fellows.

Monday, August 25, 2008

E la California!

Dall'ultimo post che abbiamo scritto sono passati ben una decina di giorni e di miglia ne abbiamo macinate.
Siamo arrivati alla fine del nostro viaggio verso west raggiungendo la California.
E fra due giorni farà capolino anche la nostra avventura americana, infatti saliremo sull'aereo che ci riporterà in Italia dopo 13 mesi trascorsi in America.

Le emozioni sono altalenanti.
Felicità per rivedere tutti in patria, timore di non ritrovarsi in una terra che è mia, ma che per alcuni versi non mi piace.
Penso che l'emozione più difficile da gestire sarà la "noia" nella normalità italiana. Nel senso che qui ogni giorni, ogni momento cose nuove, stimoli diversi.
Ci siamo abituati ad una specie di sovra-stimolazioni, a cui sarà difficile rinunciare.
Forse starà qui il segreto del ritorno: usare questa abitudine indirizzando l'energia verso nuovi progetti, non necessariamente nuovi viaggi (anche se risulta difficile non pensare di ripartire di nuovo!).

Vedremo!

Intanto per il mio blog... bhe penso sia arrivato alla fine.
Probabilmente scriverò qualche altro post giusto per aggiornare sul mio "stato" in Italia, ma poi lo chiuderò.

Tuesday, August 12, 2008

Utah - terra salata



Ieri abbiamo lasciato lo stato dello Utah (si pronuncia "iutah"), qui hanno fatto le olimpiadi invernali qualche anno fa. Siamo nel cuore delle montagne americane in una specie di altipiano andino o asiatico, con tutto stepposo e piatto in basso e una corona di cime rocciose che circondano con qualche nevaio che brilla sotto il sole infuocato.
La capitale dello Utah, dove abbiamo passato delle buone ore trascurando il nostro pellegrinaggio, arrostiti sotto un sole infuocato e un cielo cristallino, si chiama Salt Lake City: Città del lago Salato.
Infatti si trova a ridosso, meglio dentro il bacino di un gigantesco, antico lago che pian piano si e' ritirato lasciando una distesa bianca e dura di sale che si estende a .. a .. non so che parole usare per non essere accusato di eccedere con gli aggettivi. Ma vi assicuro e vedrete nel video che sembra senza fine.




Oltre a questa distesa è rimasto una specie di fossile lacustre, una grande pozzanghera dove si galleggia senza nuotare (tipo mar morto) e delle isole desolate dove girano le ultime mandrie di bufali della zona (non so come vista la temperatura e lo strato di pelo che hanno addosso).



(By Cristiano. Approved by Owner: Thanks Marina)

Sunday, August 10, 2008

Assaggio delle praterie americane





Oggi ci siamo presi un po' di tempo e riusciamo a pubblicare due post in una mattina. Ma la vera ragione o colpa è che questa mattina ci siamo svegliati un bel po' prima dell'orario stabilito per colpa del fuso orario, in fatti man mano mano che avanziamo verso ovest si recuperano parecchie ore (2 fino adesso) .
Ieri abbiamo attraversato le Praterie americane come avete visto dal post precedente. Qui tutto è piatto e desolato, solo qualche paese ogni 50-80 km. La monotonia ma pure il fascino di un posto così solitario e vuoto è interrotta soltanto da qualche strada diritta che porta chissà dove, dagli animali al pascolo, dal cielo che cambia in continuazione e velocemente e dai pozzi di petrolio che costellano questi spazi vuoti.

Ps se vuoi più e più foto visita il nostro album su picasa.

Edit by Cristiano ( per gentile concessione di Marina)

Iowa, Nebraska, Colorado e Wyoming...

Sono in un motel ad Evaston, uno degli ultimi centri abitati ad ovest dello Wyoming (sulla 80) quasi al confine con lo Utha.
Approfitto del collegamento internet per aggiornare il mio blog.
Dopo la sosta a Chicago di qualche giorno fa, ci siamo spostati nella capitale dello Iowa, Des Moines, dove in questi giorni si sta svolgendo la fiera/festa dello stato. Si tratta di una vera e propria fiera dell'agricoltura, con esposizione di animali da allevamento, mille banchetti con cibi a volontà (il più gettonato è il corn dog, ovvero un wusterl con attorno una pastella fatta di granturco fritta nell'olio. Noi abbiamo provato una coscia di tacchino... gigante! La si può vedere nella foto sotto).

Alla fiera abbiamo anche dormito nel campground (campeggio) adibito per l'occasione, dove c'erano un numero spropositato di camper americani, parcheggiati ovunque con mille astuzie per farli stare in equilibrio sulle colline del campground (vedi foto).

Dopo lo Iowa attraverso il Nebraska (campi e campi di granturco) per arrivare in Colorado (la punta a nord est) e in Wyoming.
Il paesaggio che per miglia e miglia ha accompagnato le nostre due giornate (sempre attraverso la 80 che taglia lo Wyoming a sud) è stato il deserto, ma non un deserto di sabbia bensì di erba. Distese e distese di erba, con case sparpagliate qua e là. Nel Colorado siamo passati attraverso la grassland, la terra dell'erba (vedi foto).


Domani Salt Lake City e Lago Salato, Utha.

Thursday, August 7, 2008

America on the road.



Ore 2.19pm.
Prima Rest Area sull'Interstate 80 West in Iowa.
Abbiamo lasciato Chicago da poche ore, attraversato il Mississipi River e fatte già più di 1000 miglia da Boston.
Qualche foto.
La prima: io al Millenium Park di Chicago, con dietro la "palla" o "goccia" o "fagiolo" o come definita dal suo artista Anish Kapoor Cloud Gate (= porta delle nuvole).
La seconda: vista di una parte di Chicago's down town dal uno dei suoi ponti levatoi (la foto è un po' mossa perché sul ponte continuavano a passare auto e metropolitana).

Friday, August 1, 2008

E' finita...

... la mia esperienza lavorativa negli Usa con oggi ha chiuso i battenti.
E' stata dura, con molta fatica e pazienza ho provato a seminare e posso dire di aver già raccolto molti frutti in questi ultimi giorni.
Ho lasciato un pezzettino del mio cuore a questi ragazzi e colleghi americani, ma anche loro mi hanno regalato tanti pezzettini del loro.

Questi giorni sono stati estremamente emozionanti: abbiamo ricevuto molti feedback positivi del lavoro svolto qui in un anno. Abbiamo ricevuto molti abbracci, molte parole di affetto.
Ci sono state organizzate cene, party a sorpresa.
Ci sono stati dati regalini.

Monday, June 16, 2008

Lavoro interessante per certi versi.... (parte 2)



Questa mattina mi dirigo come tutte le mattine verse la mia classe, mi viene incontro una collega dicendomi che i supervisori hanno previsto per me oggi un compito diverso.
Vado quindi nell'ufficio dei supervisors*, Chuck mi dice che devo andare all'ospedale per assistere B., un ragazzo della scuola che da qualche giorno è lì ricoverato.
B. frequenta la scuola/residenza speciale dove lavoro in quanto gli hanno diagnosticato la sindrome di Asperger. La sindrome di Asperger è un tipo di autismo, caratterizzato in genere da attività stereotipate e da difficoltà nell'interazione sociale. Le persone affette dalla sindrome di Asperger non presentano, a differenze invece delle altre forme di autismo, difficoltà nell'espressione linguistica e/o nell'apprendimento cognitivo. Combinato alla sindrome di Asperger a B. hanno diagnosticato anche un il DOC (o OCD, secondo la dicitura inglese), ossia il disturbo ossessivo-compulsivo.
B. è un ragazzo di 17 anni con un rendimento scolastico, soprattutto in ambito scientifico, superiore alla media, il suo sguardo difficilmente incontra quello delle altre persone. B. ha una bassa soglia di sopportazione delle frustrazioni e può diventare aggressivo verso se stesso, le cose e gli altri.
Il terapista e i supervisors* della scuola hanno deciso, dopo una serie di eventi molto aggressivi di B., di farlo ricoverare in ospedale, perché possa ricevere un aiuto più idoneo.
Ogni giorno un lavoratore della struttura scolastica e residenziale dove B. si trova deve essere presente all'ospedale dove è ricoverato.
Oggi è stato il mio turno!

E' la terza volta che entro in un ospedale americano (sempre per accompagnare ragazzi della scuola, mai so far - tocco il legno, e non il ferro come in Italia! - per me), ma è la prima volta che ci sto per ben 8 ore, senza sostanzialmente far niente se non parlare un po' con B., parlare qualche volta con il personale (medici, personale paramedico, ...), leggere, ascoltare voci, osservare persone, fare domande, guardare la tv, ...
B. è stato ricoverato 5 giorni fa attraverso l'E.R. (Emergency Room ossia il nostro Pronto Soccorso) e dopo 5 giorni B. si trova ancora nel reparto dell'E.R., ovvero in una stanzetta dove c'è solo lui su un letto con delle ruote.
Verso le 10 arriva un'infermiera che lo sveglia, lo fa alzare e lo conduce, con me al seguito, in una stanza, che chiamano Family Room, ovvero una sala per le visite, dove ci sono altri due pazienti con un'infermiera, o come si definisce lei una sitter, cioè una persona in questo caso, che si prende cura dei pazienti (un po' il mio compito di oggi in realtà).
Lo spostamento di B. e degli altri due pazienti nella stessa Family Room è dovuto al fatto che delle persone appena arrivate in ospedale hanno avuto bisogno di posti letto occupati prima dai tre. I tre ora si trovano a dover passare il loro tempo in questa piccola stanzetta con delle sedie, un tavolino e una tv e con la prospettiva di doverci stare anche la notte. Il motivo? Non ci sono letti a sufficienza nell'E.R..

Non posso nascondere il mio stupore e in un certo senso il mio disappunto.
Sentimenti che tra l'altro solo ora sto esprimendo così chiaramente.
Infatti la situazione in cui mi trovavo non mi permetteva di mettere a nudo le mie posizione sulla sanità americana, mettendola a confronto con quella italiana:
- ero in un'E.R. americana (senza George Clooney, tra l'altro!);
- con a carico un ragazzo, seppur sotto sedativi, ma comunque con degli impulsi tendenzialmente aggressivi;
- in una stanza da 3m per 4 con dentro 5 persone, di cui, oltre a me e al "mio" B., un giovane in via di disintossicazione da eroina da soli 3 giorni, che non riusciva a trovare la posizione per dormire e quindi continuava ad imprecare contro il mondo;
- una sitting che aveva in carico il giovane-imprecatore e un uomo, sulla 40ina, con non so quale problema, la quale cercava il mio sguardo e la porta d'uscita ad ogni imprecazione;
- una trasmissione (non riesco ora a ricordare il titolo) in tv molto amata dagli americani e da chi segue programmi americani anche in Europa, una specie di Maria De Filippi che parla di problemi di coppie e figli, dove in quel momento c'erano due che litigavano per la custodia dei figli.

'Sta di fatto che in tutta questa situazione l'unico che apertamente si è lamentato del fatto di essere stato messo in quelle condizioni, frustranti e poco confortevoli, specialmente per un paziente (non si trattava di persone in attesa che partisse l'aereo per le vacanze!), è stato il ragazzo in via di disintossicazione. Nessuno ad alzare la voce, nessuno a chiedere informazioni. Nemmeno i familiari del 40enne un lamento.

Anche questa è America!
Vi immaginate in Italia?!

Come è andata a finire?
- Il giovane-imprecatore, dopo un'ora e dopo aver seccato tutte le infermiere che si avvicinavano alla stanza, ha ricevuto il via libera di lasciare l'ospedale;
- Il mio B. è stato buono buonino tra ascoltare il suo iPod, guardare della TV, scambiare due parole con me, mangiare e dormire. Lo psichiatra che lo ha visitato ha deciso che non era ancora pronto per tornare alla scuola-residenza;
- Il 40enne ha passato il suo tempo tra la visita della moglie, la figlia e poi la sorella. Anche lui buono buonino senza un lamento della scomodità della situazione;
- Verso l'una è arrivato un altro paziente, a rimpiazzare quello che ha lasciato. Anche questo un giovane in via di disintossicazione (dalle dimensioni "armadio"), con figli in via di custodia, una separazione in corso, che era stato appena ricoverato e sedato, dopo aver tra l'altro cercato di aggredire una guardia dell'ospedale ( ci ha fatto lui il racconto della sua vita);
- Alle 3pm la sitting è stata sostituita da una collega, che ha deciso di fare sorveglianza ai suoi custoditi fuori dalla stanza (dopo aver visto, secondo me, il giovane-armadio che vagava nella stanza, senza riuscire a trovare una posizione);
- Alle 3.15 pm anch'io sono stata sostituita da una collega.

* il supervisor corrisponde alla nostra figura di coordinatore, non ha niente a che fare con la figura del supervisore nelle strutture socio-educative italiane, che ha invece il compito di supportare e supervisionare dal punto di visto socio-educativo-psicologico il lavoro dei professionisti.

Nella foto: il falò che abbiamo fatto con dei colleghi di lavoro qualche sera fa.

Thursday, June 5, 2008

Cosa fa l'America!!



Penso che l'ultima volta che ho indossato una gonna siano stati almeno 2 o 3 anni fa!
E questa sera l'evento: gonna per me, cravatta per Cristiano per andare al prom dei nostri studenti.
Prom sta per promenade ball, si tratta della cena e della danza degli studenti dell'ultimo anno della scuola superiore (seniors, 12° grado) e di quelli del pen'ultimo anno (juniors, 11° grado).
Per l'occasione tutti devono rigorosamente vestire eleganti. In realtà il vestito dovrebbe lungo per le ragazze e cravatta nera per i ragazzi.
Anche noi abbiamo voluto fare la nostra parte per via di eleganza, niente di eccessivo, ma per chi ci conosce capisce che per noi così come siamo è veramente tanto!
Cosa ne pensate?!

Il ristorante era di cucina italiana.

E' stato molto bello vedere i nostri studenti felici e in contesto che li ha fatti diventare degli studenti degni della loro età, senza l'etichetta della scuola speciale.

Foto: Marina (io) e Cristiano prima di andare al prom.

Sunday, June 1, 2008

Come far felici, secondo degli americani, due italiani.



Avere la macchina rotta ha suoi vantaggi.
Ieri mattina (sabato mattina) verso le 10 abbiamo ricevuto la telefonata di una collega di lavoro americana, Kelly, che assieme al marito Rey, ci avrebbero portato un po' in giro a visitare posti che secondo loro ci sarebbero piaciuti.

Come far felici, secondo degli americani, due italiani,
lontani dalla propria patria da tanto tempo?

Molti di voi probabilmente sono riusciti ad indovinare: per un americano l'italiano soffre della lontananza dal cibo!
Sull'onda di questa idea, Kelly e Rey ci hanno portato a visitare:
- un bellissimo edificio (ex fabbrica come ce ne sono veramente tante nel New England), trasfomato in parte in un negozio dove si possono assaggiare (gratis!), ammirare, annusare, toccare, imparare a cucinare e comprare molti tipi di cibo. Inutile riferire che il 70% del cibo esposto era di origine italiana;
- una winery (Running Brook Wines, una cantina con produzione e vendita di vino), dove siamo stati accolti da un signore che ci ha fatto assaggiare almeno 7-8 tipi di vino, alla velocità del fast food, per poi invitarci a scegliere una bottiglia, che i nostri amici ci hanno generosamente regalato. Dopo la degustazione (non gratis!), un po' barcollanti, siamo stati a visitare il campo di vigne, circondato da una rete alta almeno 3 metri. La rete è per proteggere il vigneto dai caprioli o da altri animali che amano mangiare i germogli e poi l'uva;
- un negozio di vendita di pesce fresco, che purtroppo era chiuso.

Alla fine del tour gastronomico, dove probabilmente siamo stati testati nella nostra italianità, ci hanno condotti in una piccolissima isola a sud di Cape Cod, West Island, dove la coppia vive da 12 anni.

Ieri il tempo è stato tutto il giorno uggioso, tra qualche pioggerillina e foschia.
Arrivare nella piccola isola, tanto amata dai nostri due, con tale atmosfera, ha reso il tutto misterioso, affascinante e a misura d'uomo e donna. Le case di West Island sono tutte in stile New England, rigorosamente in legno. La maggioranza delle case si affaccia direttamente sulle acque oceaniche, ma anche quelle che non sono direttamente lungo l'oceano hanno delle vetrate che percorrono 3/4 di almeno una stanza del primo piano.
Gli abitanti dell'isola saranno 200 in inverno, per poi raddoppiare in estate, ma non di più. Rimane, a detta delle nostre guide, un posto ancora incontaminato e non di interesse turistico (a differenze della due vicine e più famose isole di Martha's Vineyard e di Nantucket, quest'ultima resa famosa anche dal romanzo di Melville, Moby Dick). Ogni isolano ha la propria piccola o grande barca per pescare in mare, per i più la pesca rappresenta un piacere del fine settimana, alcuni fanno i pescatori per lavoro. L'oceano offre molto pesce tra cui le rinomate lobster del New England, ovvero le aragoste.

A questo punto del racconto la domanda di prima si ripropone:

Come far felici, secondo degli americani, due italiani,
lontani dalla propria patria da tanto tempo?

La risposta è la stessa: con il cibo.
In questo caso, essendo su un'isola, è stato doveroso mangiare pesce.
Davanti al garage si fa spazio un grosso barbeque (proprio come nei film americani) su cui Rye appoggia delle grosse clams (vongole), "when they are smiling, they are ready to be eat!"(quando ridono, sono pronte da mangiare), ci dicono gli americani di mare, cercando di rassicurare il nostro sguardo, probabilmente tra lo stupito, lo spaventato e il soddisfatto per finalmente essere stati ammessi al "banchetto americano".

E tutto grazie alla macchina rotta!!

Nella foto: La lobster che abbiamo mangiato per il nostro anniversario. Per una cena a base di lobster, verdura e bottiglia di vino abbiamo speso soli 90,00$!

Wednesday, May 28, 2008

Lavoro interessante per certi versi... (parte 1).



Dopo 10 mesi che sono negli States, ma soprattutto a 2 mesi dalla fine dell'esperienza lavorativa (mi sono resa conto effettivamente del tempo che manca alla fine pubblicando il count down nel precendente post), ho deciso e ho trovato l'ipirazione per scrivere del mio lavoro.
Comincerò da lontano con il descrivere l'istituzione che mi ospita.

Faccio l'insegnante di sostegno in una scuola superiore speciale per adolescenti con problemi di comportamento, correlati di conseguenza a problemi nell'apprendimento.

Il mio lavoro quotidiano consiste, detto semplicemente, nell'aiutare degli adolescenti americani a gestire il proprio comportamento finalizzato ad un apprendimento scolastico.

I ragazzi che sono inseriti in questa scuola (una scuola superiore speciale e privata, qui il sito internet) sono adolescenti "rifiutati" dalla scuola pubblica per svariati motivi. A tutti sono diagnosticati vari behavior disorders (disturbi comportamentali), che vengono "curati" con la terapia (ogni studente ha un terapista che vede almeno un'ora alla settimana), con interventi educativi (il 90% degli studenti della scuola non va casa durante la settimana, ma vive in residenze strettamente collegate con la scuola dove è seguito da personale, che funge da figura genitoriale) e, non per ultimi, con farmaci. I disturbi comportamentali più diffusi nella scuola dove lavoro sono: ADHD (deficit di attenzione e iperattivismo), ODD (disturbo oppositivo provocatorio), disturbo della condotta, sindrome di Asperger (forma di autismo), bipolarismo.

Nella foto: gita a North End (il quartiere italo-americano di Boston) con alcuni studenti.

Conto alla rovescia....



... per la fine del lavoro!

Tuesday, May 27, 2008

Dry holiday: Memorial's Day!



L'estate sembra cominci a farsi sentire come da calendario americano (almeno in New England), ieri infatti è stato il Memorial's Day, ovvero il giorno dove tutti gli USA hanno ricordati i propri morti nelle guerre, e il senso comune del New England vuole che con il Memorial's Day appunto si possa considerare la primavera finita e l'estate pronta a farsi sentire.
Ieri è stata infatti una bellissima giornata (78°F = 25° C) e molti sono stati quelli che si sono riversati nelle vicine spiagge oceaniche.

Noi purtroppo abbiamo lavorato (fino alle 3 del pomeriggio), ma soprattutto la nostra macchina è da due settimana ferma con il cambio rotto (un amico meccanico se ne sta prendendo cura, ma nel tempo libero, quindi non sarà una cosa immediata).

Cosa quindi più rilassante di una birra fresca, godendo il sole delle 5 del pomeriggio nel nostro back yard (giardino dietro casa mooolto grande)?
Mi faccio prestare la macchina da un'amica e raggiungo la vicina Gas Station ( si tratta del negozio affacciato sul piazzale del benzinaio, che vende di solito sigarette, alcool e snacks vari). Entro sicura nel negozio, vado nell'angolo della birra, una buona Budweiser, faccio per afferrare il cesto di 6 bottiglie e la signora del negozio mi anticipa nella mossa non con il famoso "Wassup" della pubblicità (vedi video all'inizio del post), ma dicendomi "we are not allow for selling alcool today, it's the Memorial's Day" ("non siamo autorizzati a vendere alcool oggi, è il giorno della memoria)!!
Ridendo, per non piangere, torno a casa dry, ovvero all'asciutto! No alcool! Eppure avevo già provato questa esperienza il giorno di Natale e il giorno del Thanksgiving, ma non pensavo fosse estesa a tutte le feste nazionali e federali.
Questo vale non in tutti gli States, ma solo in alcuni stati, tra cui il Massachusetts. In realtà sarebbe bastato fare una 30ina di miglia verso sud e varcare il confine dello stato del Massachusetts per ritrovarsi nel Rhode Island, dove avrei potuto compiere il "crimine" di comprare alcool nella giornata del Memorial's Day.

Siete curiosi di sapere come è finito il mio Memorial's Day?
La sera abbiamo festeggiato in compagnia di amici proveniente dal Connecticut, che per ringraziarci dell'ospitalità (avrebbero dormito da noi) ci hanno portato della "buona Budweiser"!

Yo, wassup?

Video: il video riproduce la famosa pubblicità della Budweiser. E' una pubblicità che è andata in onda nel 2000 negli States, ma che racconta ancora molto delle abitudini americane: sport in tv, birra, amici e comune saluto "what's up", cioè "come va, come sta andando".

Saturday, May 10, 2008

I fatti che azzittiscono!

E' da un po' che non scrivo commenti sul mio blog.
Probabilmente i miei lettori si chiederanno che fine ho fatto.
Bhe, sono qui, sempre più immersa nella quotidianità americana.

E poi alcuni eventi mettono a zittire.

E' da qualche giorno che voglio parlare delle emozioni che mi ha lasciato quello che è accaduto circa una settimana fa nella mia città, Verona. Quell'orrenda tragedia. L'uccisione di Nicola, un ragazzo di poco più la mia età, che passeggiava nelle vie della nostra città, in centro, con degli amici.
Quante volte ho fatto la stessa cosa. Quante altre persone che conosco lo stanno facendo ancora.

E rimango senza parole.
E citando il blog di un'amica mi chiedo "... se scommettere ancora sulla gentilezza residua del mondo non possa aiutarci, con le lacrime agli occhi, a rischiare di credere. Comunque. Nonostante."

Tuesday, April 22, 2008

Deserto, cactus, nativi americani, terre rosse: l'Arizona!



La settimana scorsa sono stata in Arizona e ancora una volta ho confermato alcune considerazione:
- gli Stati Uniti d'America sono grandi, ci si rende conto di questo solo venendoci;
- tra stato e stato negli USA ci sono differenze enormi, sia naturali, ma anche culturali.

Siamo arrivati a Phoenix e ritornati a Phoenix nel giro di 5 giorni, facendo la bellezza di quasi 1000 miglia, cioè circa 1600 Km. La macchina che abbiamo noleggiato ci ha aiutato in questo: una macchina nuova di quest'anno, super gigante (dimensioni americani), con tutti gli optionals desiderabili.
In queste 1000 miglia siamo passati dalla metropoli americana di Phoenix, alle distese di cactus (proprio quelli dei cartoni animati), al deserto di cespugli secchi ed aridi, alle foreste con cespugli a quelle con conifere alte metri e ancora al deserto e alle montagne rosse, di un rosso mattone. Oltre alla macchina ci hanno facilitato la guida lunghissime strade diritte, diritte verso l'orizzonte.
Quindi ambienti diversi, strade e villaggi.
Sì villaggi, non città, ma villaggi nel vero senso della parola, con a volte poco più di 200 abitanti, con case tutto lungo una strada o sparse nel nulla, una distante dall'altra miglia.

La gente? Tendenzialmente di dimensioni abbondanti, spesso con cappello da cowboy e pantaloni di jeans tipo salopette. Molto gentile e con un inglese comprensibile, più di quello di Boston (per me). Pochissimi afro-americani, molti latini (l'Arizona confina infatti con il Messico) e nativi americani. Infatti spesso durante il viaggio ci siamo trovati in Arizona, ma soprattutto nella Navajo Nation, ossia la riserva indiana dei Navajo. La Navajo Nation è un'area che copre 27.000 miglia quadrate (43.400 Kmq!) di territorio tra gli stati dell'Arizona, dell'Utah e del New Messico. Si tratta di territori per la maggior parte desertici, aridi, senza un filo di verde. Pianure sperdute, punteggiate da abitazioni. Molte case dove abitano i nativi americani della Navajo Nation appaiono povere, prefabbricate (spesso abbiamo incontrato per strada dei camion che trasportavano delle case) . La sensazione è che si tratti di un popolo in viaggio, un popolo che è stato costretto in un'area, ma che sia pronto a muoversi ancora. Nella Navajo Nation i 173,987 abitanti (censo del 2000) parlano la lingua dei nativi, prima di tutto e poi l'inglese, vivono di allevamento di cavalli e bovini, produzione e vendita di prodotti artigianali ed estrazione di carbone ed uranio. Recentemente anche i Navajo hanno deciso di aprire dei casinò, come in altre riserve indiane sparse negli States. I casinò sono proibiti in quasi tutti gli stati degli USA, ma concessi nelle riserve, avendo le riserve una gestione amministrativa diversa.
Nella Navajo Nation c'è la Monument Valley, terra di film Hollywoodiani, che tutti noi abbiamo visto nei film western.

Cosa mi lascia questo viaggio?
  • un'America ancora una volta diversa, da scoprire continuamente.
  • una natura che non avevo mai visto dal vivo.
  • centinaia di foto che si assomigliano tutte e che rendono un 20isimo di quello che ho visto.
  • la voglia di ritornare in posti simili, per fare lunghe camminate.
  • la curiosità di sapere qualcosa di più sui nativi americani, soprattutto della nazione Navajo.
  • il desiderio di stare a contatto con la natura.

Nella prima foto: la macchina che ci ha accomapagnati in Arizona.
Nella seconda foto: la Monument Valley vista da Nord.

Monday, April 14, 2008

Altri 5 anni...

con Berlusconi e la Lega Nord.

Riamango negli USA o ritorno in Italia?

Saturday, April 5, 2008

Come registrare un programma televisivo o radiofonico italiano sul computer.





Qualche tempo fa un amico mi aveva segnalato il sito internet Vcast Canali.
In pratica si riesce a registrare, programmando il sito come se fosse un videoregistratore, quello a cui si è interessati da vari canali televisivi italiani e da alcune radio, sempre italiane. Si può scaricare il prodotto in formato mp3 (audio) o mp4 (video).

Ho programmato il sito in modo da registrare ieri sera una trasmissione da Rai Uno (anzi lo ha fatto il mio amico per me. Grazie Andrea).
Oggi mi sono scaricata il programma e mi sono guardata quello che mi interessava.
Per chi come me è lontano dall'Italia ed ha una carissima amica che va in diretta su Rai Uno, ma anche semplicemente vuole vedere o sentire o memorizzare sul proprio pc qualche programma televisivo/radiofonico... bhe ora lo può fare.

Ehi, a proprosito.
Ieri sera Luciana è andata ai Raccomandati a cantare, in diretta su Rai Uno.
Era presentata da Walter Nudo ed è arrivata seconda.
E' stata una grande emozione vederla in televisione!

GRANDE LU!


Nel video: L'esibizione di Luciana ai Raccomandati.
Nella foto: Cri, io e Luciana a Cape Cod lo scorso ottobre.

Friday, April 4, 2008

Barack Obama a scuola.



Sono sempre più felice del mio inglese: mi sta aprendo finestre sul mondo!
Con molta tranquillità riesco ad affrontare mail in inglese, video, film. Non è che capisca tutto, ma ho un atteggiamento diverso da quello che avevo prima di fare questa esperienza. Prima solo perché un film, un video erano in inglese li escludevo a priori, ora almeno ci provo.

All'inizio del post ho messo un video che è stato girato in una Hight School (Scuola Superiore) del Bronx (New York City). Si tratta di una serie di ragazzi (tra i 16 e i 18/19 anni) che parlano della loro esperienza di avvvicinamento alla politica, grazie alla discesa in campo di Barack Obama verso le presidenziali. Si tratta di ragazzi afro-americani ed ispanici, che vivono in "un quartiere molto difficile"- dice l'insegnante. "Molti dei ragazzi che frequentano quella scuola hanno carriere scolastiche interrotte più volte, ... ." - continua il teacher.
L'insegnante chiede poi ai ragazzi di creare ciascuno il proprio speech usando lo slogan di Obama, che è "Yes, we can" (= Sì, noi possiamo, noi siamo in grado, ...). Mi sono emozionata sentire i ragazzi con quale forza, con quale speranza vogliono guardare al loro futuro!
Almeno due di loro sostengono che Obama a loro a dato la capacità di sognare anche in grande, di pensare che anche loro potrebbero diventare presidenti degli Stati Uniti d'America, anche se sono afro-americani o latini.

Il video mi è arrivato da Michelle Obama, la moglie di Barack! Non è che sia così in confidenza con lei in realtà. Mi sono iscritta ad una mailinglist dal sito di Obama e ogni 2/3 giorni mi arriva una mail a volte firmata da Barack stesso, altre da chi gestisce la sua campagna e altre ancora da sua moglie. La mail in questione ricordava ieri il 40isimo anniversario della morte di Dr. Martin Luther King Jr. Michelle dice che se Obama oggi sta correndo per le presidenziali è anche per quello che è stato Dr. King.
Quello che si legge sui giornali americani e che molti dicono è che Obama come presidente sarebbe il vero cambiamento, proprio per il colore della sua pelle. Ma allo stesso tempo non è così scontata la sua vittoria, per lo stesso motivo per cui sarebbe rivoluzionario.

Vivendo un pezzettino di America, come sto facendo, ci si accorge che ci sono ancora contrasti tra bianchi e neri, per non parlare degli ispanici poi. La situazione sociale americana è bene diversa da quella italiana, intendiamoci. C'è integrazione degli afro-americani proprio perché sono americani. Chi ha capacità viene comunque premiato al di là dell'etnia, basti pensare a persone in vista afro-americane come l'attuale segretario di stato americano Condoleezza Rice. Ma spesso nei discorsi c'è distinzione tra black people and white people, spesso nelle grosse città ci sono quartieri (è il caso del Bronx, uno dei più famosi), chiamati project dove la maggior parte della popolazione è black, a cui si è aggiunta ora la popolazione ispanica. C'è poi la musica dei black people, che è la musica hip hop. La sensazione è che ci sia un'integrazione a parole molto forte e condivisa, ma nei fatti però ci sia seperazione e diffidenza da entrambe le parti. Lo dicono anche i ragazzi nel video. Nel quotidiano la gente comune fa distinzioni, anche usando continuamente la parola black.

Ancora di più mi auguro veramente che Obama possa diventare presidente e voglio fare come una ragazza del video che dice: " When Barack Obam is becoming president, not if..!" (Quando Obama sarà presidente, no se Obama sarà presidente...!"

Il video è stato prodotto in una scuola superiore nel Bronx, a New York City.

Saturday, March 29, 2008

Anch'io partecipo ad Earth Hour!

Oggi in tutto il mondo dalle 8.00 alle 9.00 della sera le luci si spengono. Assomiglia alla campagna nazionale che da qualche anno sta promuovendo Caterpillar (Radio Due). Il senso è di sensibilizzare al risparmio energetico.
Mi sono ricordata di questa giornata, oltre ad averla letta sui giornali, perché oggi accendendo il computer e andando a google.com la pagina è nera.
Si tratta di una cosa ad impatto che rimanda poi ad alcuni link di approfondimento.
La cosa che poi ho notato è che la pagina di google.it è la stessa, senza riferimento alcuno alla giornata.

Thursday, March 27, 2008

Succo di cranberry.



Il mio inglese sta migliorando di giorno in giorno, soprattutto nella comprensione. E mi capita a volte di non riuscire a tradurre delle parole in italiano, perché semplicemente sono abituata ad usarle solo in inglese o perché in italiano sono inusuali, almeno per me.
E' il caso di "CRANBERRY".
La zona dove abito è conosciuta, in tutto il mondo, a detta degli abitanti, per la coltivazione e produzione di cranberry. La traduzione italiana per cramberry è "ossicocco" o "mirtillo palustre". Si tratta di un frutto, una specie di bacca rossa, simile al mirtillo, che viene coltivato nel Wisconsin (uno stato degli US al confine con il Canada) e nel Massachusetts per la maggior parte, poi anche in Canada, in Cile e in alcuni stati dell'Europa Orientale. Le cranberry hanno bisogno di molta acqua, crescono in ambiente palustre. I campi coltivati a cramberry (come si vede dalla foto) sono dei pezzi di terra con delle canalette per il drenaggio. In certe stagioni le piante di cranberry (delle specie di bassi cespugli) sono completamente sommerse dall'acqua, durante l'inverno poi l'acqua si ghiaccia, formando una lastra ghiacchiata sotto cui sono protette dal freddo.

Cosa se ne fanno di tutte queste cranberry gli americani?
Una buonissima cranberry sauce (salsa di cranberry), servita insieme al tacchino, soprattutto il giorno di Thanksgiving. E poi mettono cranberry nelle torte, nei muffis, ... E per finire, la cosa che sto più apprazzando ora, cranberry juice, succo di cranberry. In genere anche il succo di cranberry, come un po' tutte le bevande qui in America, tende ad essere dolce, molto dolce. Ma ho trovato anche la versione originale senza l'aggiunta di zucchero: innafrontabile, se non diluita con acqua o con succo di diversa frutta. Il sapore è molto, molto aspro, ma con un retrogusto buonissimo. Dicono che le cranberry abbiano poteri antiossidanti e contengano molta vitamina C.

Qualche giorno fa sono stata a camminare attorno alcuni campi di cranberry.
Potete vederne le foto.

Nelle foto: cranberry che ho trovato lungo il campo;
campo di cramberry.

Monday, March 17, 2008

Saint Patrick's day and Parade in Boston.




Saint Patrick's Day.
Oggi è il 17 marzo e in tutto il mondo si festeggia San Patrizio, il santo protettore dell'Irlanda.
L'imperativo oggi è di indossare qualcosa di verde. Perché il verde è il colore dell'Irlanda.
Anche il presidente degli Stati Uniti, Bush, oggi indossava una cravatta verde!
E per chi come me l'Irlanda ha provato anche a viverla (sono stata in Irlanda, a Galway, nel 2006 tre mesi), la festa di San Patrizio è un'emozione. Vestire qualcosa di verde che la ricordi, ancora di più.
Boston è una delle città con più irlandesi in America. Il quartiere Irish in Boston è South Boston.
Ma gli irlandesi che si dicono tali qui sono americani, di irlandesi hanno, qualcuno i capelli rossi, e molti la passione per il bere (in realtà hanno la stessa passione gli americani di origine italiana, capoverdiana, portoghese, ecc.), ma poco di più. La stragrande maggioranza in Irlanda non c'è mai stata e non programma di andarci nell'immediato. Anche se leggevo oggi sul boston.com (il Boston Globe on line), che sembra, proprio in questi anni, ci sia un ritorno di irlandesi-americani in Irlanda.
Ieri, proprio in South Boston, c'è stata la parade, ovvero una sfilata, tra le strade del quartiere, di militari, corpi armati, forze dell'ordine,... . Infatti noi pensavamo fosse un po' sfilata, tipo il nostro carnevale, ma si è trattata di una vera e propria parata militare. Aprivano la parata i firefighters (i vigili del fuoco) e la polizia locale con tanto di macchine, camion a sirene spiegate. Sfilavano insieme ai marines, ai vari corpi militari anche politici (senatori, politici a livello statale e a livello cittadino), irlandesi-americani. C'erano insieme a loro bande di cornamuse o bande di scuole.
La gente era radunata lungo le strade del quartiere. Molte case, che davano sulla strada, erano aperte e la gente usciva ed entrava con bicchieri... di birra o caffé caldo. Tutti gli spettatori indossavano qualcosa di verde: cappellini verdi, occhiali, sciarpe, magliette, collane, facce dipinte. E quadrifogli. Altro simbolo dell'Irlanda e porta fortuna. Ogni americano sembrava riconoscente ai propri militari in parata, le frasi che molti gridavano al passaggio dei corpi armati erano: "Thank you, guys!", "Good job, guys!" ("grazie ragazzi", "state facendo un buon lavoro").

L'aspetto militare del Saint Patrick's Day mi ha un po' turbata.
Far sfilare militari e corpi alla sicurezza dello stato è segno da parte dell'America nei confronti degli americani di origine irlandese di voler celebrare in pompa magna l'evento. Mi ha comunque colpito l'emozione e la devozione degli americani ai loro militari. Questo aspetto degli americani è famoso nel mondo, ne ero stata confermata (l'ho descitto in questo passato post) durante una partita di baseball quando nel bel mezzo tutti si sono messi a cantare qualche canto super popolare con le immagini dei veterans (militari), caduti nelle varie recenti guerre. Non tutti gli americani hanno la stessa posizione, però; usciti dalla metropolitana infatti c'erano persone che distribuivano adesivi che dicevano "Stop the war" (stop alla guerra) e "Troops home now" (truppe a casa ora).

Nelle foto: nella prima foto il corpo della marina militare in parata;
nella seconda foto una casa aperta con gente che festeggia rigorosamente in verde;
nella terza foto io con i green beans (la collana verde) in attesa della parata.

Sunday, March 9, 2008

Cultura HIP HOP in America.



Mai come in questo anno sento parlare, ascolto musica, colgo espressioni che vengono dalla cultura hip hop. L'Hip Hop è una cultura soprattutto musicale, ma che raccoglie altre espressioni artistiche come la breakdancing e la graffiti art ed è vicina a sport come lo skateboard, il basketball e lo snowboard.

Lavoro in una scuola con adolescenti americani. L'80% degli studenti nella mia scuola ascolta musica hip hop, adora idoli provenienti da quel mondo (mai sentito parlare di Snoop Dogg o di 2Pac? Devo essere sincera che la prima volta che mi hanno parlato di Snoop Dogg ho capito Snoopy, il cane!!), indossa abiti, cappelli e distintivi provenienti da quel mondo, usa linguaggi e sigle appartenenti alla cultura hip hop.
Il dictat per l'abbigliamento è largo, in tutti i sensi. I pantaloni devono essere larghi sia in vita, sia nella lunghezza, sia lungo la gamba. Le magliette e le felpe con il cappuccio sono altrettanto larghe. Con un abbigliamento del genere è impossibile riconoscere le reali fattezze di un ragazzo, questo infatti è l'abbigliamento dei maschi. Le ragazze invece tendono a vestire "strette", ma soprattutto a mettere in mostra la femminilità. Molti sono quelli che indossano cappellini (in realtà mi rendo conto che quella del cappellino è una "mania" diffusa tra tutti in America, penso venga dal baseball), con vari simboli che vanno dalla squadra di baseball della propria città, a simboli stile graffiti. La musica è rigorosamente hip hop, ovvero musica rap. E' una musica molto ritmata, con dei testi spesso violenti e pieni di parolacce.
La popolazione afro-americana si identifica pienamente con questa cultura, nata tra l'altro a New York, nel Bronx, negli anni '70. Il Bronx è il quartiere a nord est dall'isola di Manhattan a New York City, dove la popolazione è afro-americana, latina (soprattutto di Porto Rico e della Repubblica Domenicana), e negli ultimi anni africana ed europea dai paesi dell'est.
Ma si identificano con la cultura hip hop molti giovani al di là del colore della pelle. Ho visto in metropolitana a Boston anche molti ragazzi asiatici (forse cinesi?) vestiti hip hop.

Sulla tv ci sono almeno 5, 6 canali dedicati alla musica hip hop. I protagonisti dei videoclip sono sempre uomini e donne afro-americani. La cosa che mi colpisce di più guardando questi video è l'immagine che viene offerta della donna. La donna sembra semplice oggetto del piacere sessuale dell'uomo, in alcuni video sembra dominare il compagno maschio, ma sempre sotto il punto di vista sessuale.

Condivido l'appartamento con due ragazze olandesi, che stanno facendo la mia stessa esperienza di anno in America. Sono fortemente attratte e conoscitrici della cultura hip hop. Mi hanno confermato che in Olanda è una cultura molto diffusa. E' poi una cultura che anche in Olanda accomuna la popolazione di origine africana, ma loro non sono africane, una è olandese, ma di cultura armena, l'altra è olandese doc.

Questo è uno dei primi post che faccio sull'argomento. Ma vorrei approfondire la questione ulteriormente. Datemi feedback, amici italiani in America, su quello che vedete voi rispetto all'hip hop. Datemi feedback voi, amici italiani in Italia, su quello che si vede in Italia sull'hip hop.

Nel video: "Drop it like it's hot", Snoop Dogg.

Tuesday, March 4, 2008

Washington DC e l'olocausto.


Due settimane fa, durante uno dei periodi di vacanza da scuola (nel Massachusetts le scuole fanno delle vacanze intelligenti durante l'anno: 1 settimana a Natale, 1 a febbraio e 1 ad aprile), abbiamo deciso di visitare Washington DC, la capitale degli USA.

Alcune curiosità:
  • Washington si chiama così dal primo presidente degli Stati Uniti naturalmente, George Washington, presidente dal 1789 al 1797;
  • negli USA c'è uno stato che si chiama Washington, che non ha niente a che fare geograficamente con la capitale Washington DC perché si trova sulla costa opposta a nord e confina con il Canada;
  • Washington DC è una città che è stata fondata dal nulla per essere capitale, non fa parte di nessuno degli stati degli USA, è territorio a sé;
  • D.C. sta per District of Columbia, Columbia viene da Colombo, Cristoforo Colombo. Columbia infatti è considerato il primo nome e un po' poetico degli Stati Uniti d'America.
Si tratta di una città anomala per essere una città americana, degna però di una capitale. Gli edifici sono maestosi, sembrano tutti ricordare dei templi greci (i soliti "copioni" di americani!), non ci sono grattacieli e le strade sono pulitissime e pure gli edifici sono bianchissimi, anche la China Town, che di solito è un pullulare di gente che compra a tutti gli angoli della strada, a Washington DC è pulita, ordinata. Spesso in città grandi, come New York, si trovano accostamenti (che adoro) tra il vecchio e il nuovo: non succede a Washington DC.

E c'è la White House (la Casa Bianca), che è piccola rispetto a come me la immaginavo, c'è il Campidoglio, c'è il Lincoln Memorial, veramente suggestivo, con la vasca davanti con alle spalle l'obelisco e ci sono musei, musei, musei, musei di ogni sorta a genere e tutti... GRATIS! La soddisfazione di entrare in un museo d'arte moderna e scegliere di vedere solo due stanze sui due piani di museo è una sensazione che ho provato solo qui a Washington DC.

Solo l'ultimo giorno ho deciso di visitare il museo dell'olocausto: l'United States Holocaust Memorial Museum.
Il museo è stato realizzato in una ex fabbrica, o almeno sembra tale. Un percorso tra stanze, corridoi, piani, immagini, suoni, voci, oggetti, documenti porta il visitatore a conoscere passo, passo cosa è stato l'olocausto in Europa tra il 1933 e il 1945. Nel museo viene dato spazio agli ebrei soprattutto, ma anche al popolo rom, agli omosessuali, ai disabili, ai comunisti e socialisti, ai testimoni di geova. Tutte vittime dell'olocausto. Si parla anche come gli Stati Uniti d'America hanno e non hanno risposto all'emergenza. Sapevate che una nave, la Saint Louis, nel 1939 salpò da Amburgo verso gli Sates, con a bordo 937 ebrei, che avevano pagato biglietto, visto turistico e transito da Cuba per andare negli Stati Uniti? Una volta all'Havana sono stati rifiutati dal governo cubano, d'accordo con quello americano e sembra anche con quello nazista (la "vicinanza" del governo cubano e in parte americano con quello nazista sembra una propaganda di Hitler per giustificare la "bontà" delle sue intenzioni di sterminio del popolo ebreo). Si fanno avanti la Gran Bretagna, il Belgio, la Francia e l'Olanda: sono disponibili a dare ospitalità ai rifugiati. Uno volta arrivati di nuovo in Europa la Saint Louis fa sbarcare alcuni ebrei in Gran Bretagna, il resto in Francia, Belgio e Olanda. Paesi, gli ultimi tre, invasi in un secondo tempo dalla Germania. Il destino quindi di molti passeggeri della Saint Louis fu di nuovo cadere nelle mani del nazismo.
Terminata la visita al museo ho fatto due cose:
  • mi sono comprata un libro. Night di Elie Wiesel;
  • ho pensato che voglio avere dei figli per raccontare quello che ho visto.
Una sezione del museo è dedicata ad altri genocidi che stanno accadendo nel mondo. Si parla in particolare di quello del Darfur. Vi invito ad andare a visitare questa pagina.

Nella foto: la Corte Suprema degli Stati Uniti d'America a Washington DC.

Monday, February 18, 2008

Mi manca il mio cane...

... e quindi ho deciso di adottarne uno... virtuale!



Sunday, February 17, 2008

Cibo italiano in America.

Oggi un evento nella nostra casa. Abbiamo cucinato il BOLLITO con la PEARA'. I veronesi si stanno già leccando i baffi, lo so. Per chi non sapesse cos'è la pearà consiglio il seguente video su "pearà e codeghin a Verona":



Il cibo italiano per gli americani è sinonimo di evento speciale. Ci sono un sacco di ristoranti italiani frequentati con assiduità dagli americani. Poi ci sono in realtà un sacco di catene tipo Papa Gino's o Pizza Hut, che simili ai fast food servono pizza, ma anche piatti di pasta. I nomi che vengono dati ai piatti sono spesso ridicoli, per noi italiani. Tipo la cosa più simpatica è che gli americani insistono a chiamare la "pizza al salamino piccante" PEPPERONI PIZZA, sulla quale non c'è l'ombra dei peperoni!
A scuola per il pranzo ci sono due cuoche che cucinano. Su 5 giorni la settimana, almeno 2 e a volte di più, c'è cibo che si può far risalire all'Italia. La pasta è la più gettonata, c'è poi la pizza e i panini che chiamano all'italiana perché hanno gli affettati con insalata e fette di pomodoro fresco. Non riesco ancora ad affrontare la pasta. Sempre troppo cotta, ma il problema sono i condimenti, soprattutto il sugo di pomodoro. Il gusto è dolciastro.
Comunque il cibo è l'argomento preferito con cui, in un primo approccio, studenti e colleghi si avvicinano a noi. La domanda più simpatica è stata quella di uno studente che mi ha chiesto tutto invidioso se è vero che gli italiani mangiano sempre pizza!

Ambiente e potere della singola azione.


Qualche giorno fa sono andata al MIT (Massachusetts Institute of Technology) ad una conferenza sul cambiamento climatico e l'energia sostenibile. La conferenza era tenuta da 4 insegnanti del MIT. Gli interventi, molto pragmatici e ricchi di dimostrazioni, risultati di ricerche svolte, mi hanno aperto gli occhi su un nuovo mondo.Sono sempre stata sensibile alla questione ambientale, non sono mai stata una grande attivista, anche se cerco di essere una buona cittadina, consapevole negli acquisti e promotrice del riciclo, del risparmio, del riutilizzo. L'anno scorso con il festival Rivolinternational 2007 e la promozione all'interno del festival dell'esposizione RiArte ho avuto modo di approfondire alcune tematiche legate ai temi ambientali, soprattutto per quanto riguarda il riciclo e il risparmio energetico.Credo che ciascuno di noi possa fare tanto a riguardo e credo che oggi sia diventato un obbligo morale fare delle scelte vicine al risparmio, al riciclo.Qui negli States che vivo io sono ogni giorno colpita dallo spreco, dalla almeno apparente non coscienza e non interesse delle persone rispetto la questione ambientale, il risparmio energetico, il riciclo. Eppure ci sono delle azioni nella direzione.

Un relatore alla conferenza ha riportato alcuni dati. Al MIT (quasi una città nella città tra edifici adibiti ad aule, a sale studio, a laboratori, e il campus, dove gli studenti vivono) le luci sono sempre accese, ovunque, giorno e notte. Per quale motivo? Forse per sicurezza, forse per negligenza. Ma se si spegnessero le luci non necessarie di una sola zona del MIT ci sarebbe un risparmio energetico pari al consumo di un anno di una famiglia che vive a Boston.

Quindi l'azione da mettere subito in atto è: spegnere la luce non necessaria!

E ancora. Il consumo energetico riguarda il 30% i trasporti, il 30% le industrie, ma la percentuale più alta riguarda il riscaldamento e il "rinfrescamento" delle case. Il relatore ha riportato dei progetti che stanno realizzando come MIT per il risparmio energetico. Uno di questi mi ha particolarmente colpito, per la sua semplicità e per certi versi banalità. E' stata progettata una casa con delle finestre particolari così che d'inverno possa prendere il più possibile la luce del sole e d'estate possa invece essere areata, senza dover usare per forza l'aria condizionata.

Quindi l'azione da mettere subito in atto è: aprire le finestre d'estate e regolare il termostato d'inverno!

Voglio segnalare anche un'iniziativa promossa da Moky, un'amica del blog in Arizona. Guarda qui.

Ogni volta che mi trovo a pensare e riflettere su tematiche di questo genere la cosa che più mi colpisce è il POTERE della singola azione, che può condizionare e portare al cambiamento. E' come il potere del voto. Il mio voto da sola vale poco, ma vale molto se messo vicino ad altri voti.

Nella foto: il logo della conferenza "Big Picture Panel on Sustainable Energy"

Wednesday, February 6, 2008

6 mesi e good night!

Sei mesi fa io e Cri siamo sbarcati sul suolo americano.
Siamo a metà della nostra esperienza.
Altri 6 mesi alla fine del progetto di lavoro. Poi in realtà un altro mese, il prossimo agosto, di viaggi in giro per gli States e forse Mexico.

Metà esperienza.

6 mesi completamente immersa nella realtà americana del New England e ora la prospettiva di altri 6 mesi.
Ho trascorso sei mesi ad osservare, ad ascoltare, ad interpretare, ad imparare, ad interrogarmi, ad interrogare, ...
Sento il bisogno di RAZIONALIZZARE, di cominciare a SCRIVERE della mia esperienza, soprattutto quella che faccio al lavoro.
Passo al lavoro 8 ore al giorno, dal lunedì al venerdì.
E' al lavoro che imparo a conoscere la cultura americana, perché è lì che vedo, che parlo e che incontro tanti americani. E' poi al lavoro che concentro tante energie, tante emozioni.

E' tempo di parlarne.
Di raccontare, di raccontarmi...
... ma intanto good night!!

Ps: entro 13 min sapremo se compreremo la macchina fotografica su eBay. Abbiamo fatto la nostra "puntata" e stiamo vincendo. Se ci va bene risparmiamo 35$ rispetto al negozio. Si tratta di una Olympus FE 280, 8 MP 3x. In Italia si comprerebbe a 189,55 € alla Fnac, qui 170,00 $ in negozio e se la scommessa è a nostro favore la compreremmo a 120,00$ più le spese di spedizione. Fate voi i conti del cambio €/$.

Monday, February 4, 2008

Super Tuesday.

Domani negli Stati Uniti sarà il Super Tuesday (il super martedì). I cittadini americani di 24 stati saranno chiamati a dare un voto ai canditati alle primarie in vista delle elezioni del presidente che si svolgeranno in novembre. Sarà un voto importante per i candidati perché potranno avere un'idea più chiara su chi potrà effettivamente correre alle presidenziali.
E' tra i candidati democratici la sfida più interessante e quella che occupa maggiormente le pagine dei giornali: mi riferisco naturalmente a Barack Obama e ad Hillary Clinton.
Se fossi cittadina americana chi voterei?
Barack Obama. Penso sia il vero cambiamento per gli americani.
Il colore della sua pelle e il suo cognome sono due grandi cambiamenti.
Ma a parte questi aspetti superficiali, ma molto importanti per i significati che portano, il vero cambiamento penso sia nell'atteggiamento che Obama dimostra nella campagna.
Semplicità, freschezza e determinazione. E' assente quell'arroganza che da molto tempo eravamo abituati a vedere provenire dai microfoni della Casa Bianca.
Obama può dare un'immagine degli americani al mondo diversa da quella che ha creato il suo predecessore in 10 anni. Un'immagine di un popolo formato da tanti popoli, ricchi di diversità, di sfumature, di storie diverse.
Vorrei proprio dare il mio voto a Barack Obama.

Guarda il video Yes we can che sta girando proprio in questi giorni per sostenere Obama.

E qui la domanda mi nasce spontanea.
Chi potrò votare io in Italia?
Siamo vicini alle elezioni anche da noi.
Ma chi possiamo votare? E con quale risultato se non cambia la legge elettorale?

Monday, January 28, 2008

Neve e pale...

Non c'e' un errore nel titolo del mio nuovo post, non mi sono dimenticata una "l" in "pale".
Ieri verso le 9 di mattina ha cominciato a nevicare: dei fiocchetti di neve fini, fini, ma imperterriti fino alle 10 ieri sera, ai quali ad un certo punto si e' anche aggiunto un tremendo vento, che spazzava la neve di qua e di la'.
Appena qualche ora dai primi teneri fiocchetti, la maggior parte degli americani di qui mette in moto il proprio fuori strada, che spesso ha poco a che vedere con i fuori strada tanto di moda tra gli italiani, almeno qualche mese fa. I fuori strada americani sono dei mega gipponi, pick up con ruote molto grandi. Per l'occasione neve l'applicazione piu' diffusa tra gli americani e' una grande pala, proprio per spalare la neve, attaccata davanti al muso dei fuori strada. In questi giorni per strada se ne vedono moltissime. Molti sono occupati a pulire i propri vialetti che portano all'entrata a casa.
Poi ci sono anche quelli come noi che spalano il proprio vialetto con una pala a mano!!
Vorrei farvi vedere qualche foto, ma la mia macchina fotografica ha deciso proprio ieri di non mettere piu' a fuoco gli obiettivi!

Mi piace molto l'ambiente con la neve. Le piante sono cariche di neve, tutto e' bianco. Posso avere la conferma dalle impronte che molti animali gironzolano attorno alla casa. I rumori sono attutiti. Le persone sono seccate dalla venuta della neve, ma nello stesso tempo affascinate: tutti ne parlano continuamente.
E io con la neve... penso, penso molto di piu'. La neve mi tranquillizza, la neve nello stesso tempo mi entusiasma, penso allo sci.
Sono quasi 6 mesi che sono qui e me ne rimangono altri 6. Penso che la neve sara' una delle cose che mi mancheranno di piu' dell'America che conosco.

Thursday, January 24, 2008

Casa nuova...

Ieri ci siamo trasferiti, come era previsto fin dall'inizio, di casa.
Abbiamo impachettato tutto e 6 mesi qui non sono pochi.
Le nostre valigie erano straboccanti.
Ora abitiamo in questa casa, piu' piccola, ma molto piu' home di quella di prima che era grande, nuova, ma in un certo verso asettica e poco familiare.
Insomma... in un certo senso un altro viaggio nel viaggio.

Monday, January 7, 2008

Stato che vai, sci che trovi!!



Ieri siamo stati sulla neve a sciare (sci da fondo), a Northfiled in Massachusetts, ma a due passi dal Vermont e dal New Hapshire. La località sciistica, presentata sul sito ufficiale del Massachusetts come un posto tipico per lo sci, si è rivelata a noi nostri occhi, appena arrivati, molto americana! D'altronde siamo in America, ma ci si aspetta sempre qualcosa di familiare ed europeo. La località era formata da una casa in legno, dove noleggiare gli sci, depositare le proprie attrezzature, pagare l'entrata, usufruire dei bagni, e le piste per lo sci. Nessun segno di un tavolone da bar, ma delle "fredde" macchine automatiche che distribuivano Coca Cola (naturalmente), caffé caldo e qualche snaks. Nulla di più. Da noi ci sarebbe stato un bar o meglio un barista con una macchinetta del caffé espresso e delle bottiglie di grappa per le fredde temperature!! Noleggio di sci e scarpe al prezzo di 14$. Ah, per chi è competente in materia gli sci erano Rossignol e le scarpe Salomon e la chicca era che la misura delle scarpe era in numeri europei (cioè dal 38 al 40 ecc. e non 7, 8, 9, ...!!)!
Le piste? Non un gran che: i binari erano poco segnati e tra l'altro a due sensi di marcia, quindi si doveva sempre stare attenti a non beccare qualcuno in senso contrario che magari sbucava da una curva!!
Ma a parte tutti questi aspetti tecnici... bhe mi sono divertita, sgranchita dalla settimana di lavoro e tonificata!

Nella foto: Io in maniche corte dopo un dislivello di 1000 ft (ovvero intorno ai 300 m!).

Tuesday, January 1, 2008

E posso dire... io c'ero!


Eccomi di ritorno dal capodanno passato a New York. Quest'anno anch'io c'ero in Time Square. Quante persone? Come dice l'articolo di oggi del New York Time: molte! Nel senso che risulta difficile per le autorità stimare quanta gente di preciso: il presidente dell'organizzazione che realizza "the ball drop" (la caduta della palla) parla di 1 milione di persone.
Per chi non è stato a New York non deve pensare a Time Square come una piazza italiana. Time Square è formata dall'incrocio della Broadway Street e la Settima Avenue, l'incrocio delle vie formano uno slargo, certo, certo, uno slargo americano, quindi molto grande, ma non ha niente a che fare con l'immaginario che l'italiano e/o l'europeo ha quando si parla di piazza.
La piazza e le due vie che la formano sono state divise in blocchi transennati, nei quali ci potevano stare intorno alle 2500 persone. Tra un blocco e l'altro c'era un corridoio di 5/6 metri, altri corridoio, che fungevano da vie di fuga, c'erano anche ai lati dei vari blocchi. Non so se sono stata chiara, ma l'organizzazione in fatto di sicurezza è stata invidiabile. Nella zona transennata e predisposta ad accogliere le persone era proibito entrare con zaini e alcolici. Abbiamo assistito ad una scena, proprio da film americano, di un tipo ammanettato e portato via dalla polizia, perché trovato ubriaco e che stava dando qualche numero. Ah, una cosa importante mi stavo dimenticando: c'era un dispiegamento di forze dell'ordine ovunque e in numero spropositato.
L'attrattiva più famosa in Time Square allo scoccare della mezzanotte è la caduta e lo scoppio della palla, che lascia cadere coriandoli di carta. Poi c'è anche un concerto e il conto alla rovescia su uno degli schermi appesi ai palazzi della piazza. Non tutti però riescono a vedere la palla, il concerto e il conto alla rovescia, perché i blocchi entro cui sono le persone sono disposti lungo le vie che formano Time Square, verso nord e verso sud. Tra una via e l'altra ci sono grattacieli di almeno 60 piani, quindi è impossibile vedere oltre. Perciò chi è nella vera e propria Time Square vede tutto, gli altri (la maggioranza) distribuiti nelle vie vedono alcune cose e non altre a seconda della posizione. Vi svelo l'arcano: io c'ero in Time Square (perché tutta la zona diventa Time Square quella notte), ma ero sulla 7th Avenue all'incrocio con la 47ima strada, quindi ad almeno 1 km circa dal conto alla rovescia. Non ho visto la palla e nemmeno sentito la musica!!!
E qui alcune critiche, dettate anche dall'invidia:
  1. la musica era tutta concentrata nella piazza, senza nessun amplificatore nelle vie, dove stava la maggior parte della gente. Quindi il tempo per aspettare la mezzanotte la gente lo ha passato chiacchierando o saltellando dal freddo!
  2. per chi stava nelle vie non c'era la possibilità di vedere la palla, sarebbe bastato mettere qualche schermo gigante, cosa che hanno fatto per il 2000
  3. la cosa più divertente è stata che il conto alla rovescia era fatto da due orologi... udite, udite... non sincronizzati tra loro! Quindi le persone non sapevano quale seguire per fare il conto alla rovescia. I secondi che li differenziavano erano 3 o 4, ma sufficienti per creare delusione!!!
  4. Hanno scoppiato un po' di fuochi d'artificio, ma pochi rispetto a quelli fatti a Central Park.
C'ero anch'io a Time Square quest'anno!

Un BUON 2008 A TUTTI!

Nella foto: New York vista dal centro commerciale Columbus Circle.